Operare in sicurezza nelle cantine vinicole
Sono purtroppo molti gli incidenti che negli ultimi anni che hanno visto lavoratori perdere la vita mentre operavano all’interno di serbatoi, vasche, cisterne e più in generale in quei particolari ambiti operativi che, in campo internazionale, sono indicati come “Confined Spaces”. Al di là dei rischi di altra natura, nel comparto vinicolo, un rischio che spesso è stato sottovalutato e che, purtroppo, ha causato diverse vittime, è proprio quello delle lavorazioni all’interno di serbatoi/contenitori con presenza di agenti chimici pericolosi (anidride carbonica, anidride solforosa, azoto, ecc.) o con atmosfere aventi una concentrazione di ossigeno inferiore a 20,5%v/v.
Le varie operazioni legate alla fase di solfitazione (stoccaggio e movimentazione delle bombole si SO2, riempimento del solfitometro, solfitazione del mosto) possono determinare l'esposizione degli addetti ad anidride solforosa (SO2); l'anidride carbonica che si sviluppa naturalmente dalla fermentazione del mosto può accumularsi nell'ambiente di lavoro (in particolare all’interno di recipienti con scarsa ventilazione) con conseguente diminuzione dell'ossigeno presente nell'aria atmosfera (es. tini di fermentazione sono posizionati all'interno dei locali della cantina e scarsamente ventilati) e quindi l’esposizione ad anidride carbonica può avvenire anche durante le operazioni di follatura con attrezzi ad azionamento manuale. Nell’ambito delle cantine, inoltre, da tempo viene utilizzato sempre di più l’azoto che protegge il vino dall’ossidazione e compensa la sovrapressione di anidride carbonica negli spumanti. Inoltre questo gas viene anche utilizzato come mezzo di spinta per svuotare le apparecchiature (es autoclave), con pressioni fino a 6 atm. per gli spumanti e, a svuotamento avvenuto, parte dell’azoto permane nella cisterna e vi rimane per un tempo indefinito se non si effettuano specifiche azioni per il suo allontanamento. L'ingresso (così come l'uscita) di lavoratori nei vasi vinari (tini, serbatoi, ecc.) richiede una certa abilità ed una tecnica specifica (si infila prima un braccio, poi la testa, la spalla, ecc...) in quanto l'apertura è abbastanza stretta, specie nei tini più vecchi. Lavoratori apprendisti che entrano per la prima volta in un tino, possono talvolta trovarsi in difficoltà ad uscire, non riuscendo a trovare la giusta posizione. Ogni realtà produttiva, nel tempo, ha consolidato modalità operative che, spesso, non solo non rispondono a quanto previsto dalle normative cogenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ma non risultano nemmeno in linea con le moderne tecniche di produzione e, talvolta, non rispettano nemmeno le prescrizioni dettate dai regolamenti di igiene degli alimenti. A partire dal 2014 è stato costituito un gruppo di lavoro operativo nell’ambito della Provincia di Pavia, di cui hanno fatto parte anche il Prof Melloni - UNIMORE e l'Ing. Bacchetta - Presidente di EURSAFE, con lo scopo di affrontare direttamente aspetti tecnico-pratici della problematica degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati in ambito vitivinicolo. Il gruppo di lavoro, costituito anche dai rappresentanti delle aziende che hanno partecipato all’iniziativa, quali elementi fondamentali per assicurare uno stretto collegamento con le realtà produttive e portatori di quelle conoscenze specifiche necessarie per una completa valutazione della fattibilità tecnico/economica, efficacia ed efficienza delle varie iniziative, hanno fornito un contributo essenziale alla buona riuscita del progetto. Di questa attività è possibile leggere anche su Puntosicuro al link
ATS Pavia "Lavoro in spazi confinati nelle cantine vinicole. Indicazioni operative per la gestione dei rischi", scritto da Gioia De Paschale, Antonio Bordati, Cristina Gremita (Unità Operativa Prevenzione Sicurezza Ambienti lavoro - ASl Pavia) e Adriano Bacchetta (European Interdisciplinary Applied Research Center for Safety – Parma), edizione 2015/2016 (formato PDF, 7.03 MB).
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